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ANALISI DI PRIMA POLITICA. 0 – POST PRELIMINARI 2020
tra racconto clinico e scrittura operativa
una narrazione analitica personale ad uso degli amici attivisti*
di Alberto Peruffo

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Segue una carrellata dei post che hanno anticipato l’uscita delle ANALISI DI PRIMA POLITICA. Siamo sempre sul mood della scrittura operativa e del racconto clinico, con dati, date, riferimenti e collegamenti a fatti e documenti importanti, dirimenti sui vari temi che hanno “agitato le acque” contaminate del Veneto. Della sua politica. Si parte – con ordine temporale inverso – dalla storica decisione della FIS di togliere le scioline al fluoro dal circuito internazionale [qui l’ultimo articolo di Fondo Italia pubblicato il 26 maggio], per passare alla manipolazione giornalistica sulla questione farmaci/Miteni operata dal Giornale di Vicenza ai tempi del Covid 19, quindi arrivare alle “eccedenze” negazioniste del Veneto, con la partita fanghi da esportare ovunque, emerse durante l’assemblea di Pescantina dove il gruppo di PFAS.land proiettava The Devil We Know, fino al pericolo della “propaganda acquedottistica”, disinnescata prima della conferenza pubblica di Brendola, alla quale il Commissario Dell’Acqua non si è presentato. Ce n’è per tutti. Soprattutto per quella parte di popolo che vuole sollevarsi mediante una contronarrazione scientifica. Certo, a volte pirotecnica, ma sempre analitica. Pensata per muovere menti e corpi.
Buona lettura. 

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19 maggio 2020
[pubblicato su FB di PFAS.land]
VERSO IL 25 MAGGIO | PRIMA DELLA RIUNIONE INTERNAZIONALE | UNA NEVE DI FIAMME AL FLUORO. IMPURA

La bomba che avevamo annunciato con l’inchiesta dei giornalisti norvegesi di Dagbladet sulle scioline è scoppiata. L’incredibile – per procedura e tempistica – improvvisa decisione della FIS di togliere dal mondo dello sci le scioline al fluoro, subito, senza sentire produttori e venditori – di cui la Miteni era fornitrice primaria – sta scatenando dibattiti e difficoltà a livello internazionale. Addirittura la Maflon Spa di Castelli Calepio (Bergamo) vuole intentare una class action contro la Federazione Internazionale di Sci. La Maflon è un’azienda fondata nel 1996 grazie ad un progetto di ricerca e sviluppo con l’Università di Padova. Per quanto legittima sia la questione “tempistica” della responsabile del ramo MAPLUS della Maflon, curiosi e preoccupanti sono alcuni passaggi, chiaramente spannometrici, riportati nel primo articolo allegato. Dichiara Elena Mostoni a Fondo Italia «Una decisione presa senza alcuna base scientifica, che si regge sull’errata convinzione che il fluoro faccia male, quando è presente anche nelle mascherine lavabili e riutilizzabili che milioni di persone stanno utilizzando in questo periodo. Un elemento che è addirittura contenuto nei medicinali HIV. Come può la FIS dirci che è dannoso? Se questo presupposto scientifico fosse corretto, perché l’Unione Europea non starebbe vietando anche il fluoro così come ha fatto con quelli contenenti PFOA?».

Sembra che la responsabile confonda il prodotto finito al fluoro nelle sue molteplici e differenti espressioni, alcune relativamente innocue, se non ingerite, perché chimicamente stabili e composte, con i danni provocati dai processi di lavorazione delle stesse sostanze perfluorate, microscopiche e pulviscolari, di fatto aleatorie per la nostra salute proprio per la loro persistenza/stabilità nel nostro organismo. Si trascurano e non si citano le protezioni a cui non sono stati sottoposti per anni i lavoratori della Miteni o gli skiman di tutto il mondo, tanto da allertare le comunità scandinave, in toto. La rivista italiana di sci, addirittura, in più articoli, arriva a definire “impurità” il PFOA, per non entrare nel dettaglio di processo. Un’impurità trascurabile. Che non ha niente a che fare con il prodotto finito. Con la trascurabilità sulla neve.

Se Maflon o altre aziende hanno adottato tali pensieri spannometrici in questo o altri prodotti di largo consumo e guadagno, come possono essere colliri e altri medicinali, esternalizzando i processi ad altri e i costi di produzione sull’ambiente, sugli operai/operatori e sulla popolazione, come ha fatto la Miteni e stanno facendo altre realtà, siamo tutti molto preoccupati. Forse è il caso di mettere sotto il fuoco dell’indagine – anche delle Procure e degli inquirenti – non solo i prodotti intermedi e tutti i processi di produzione, ma pure i prodotti belli e finiti, confezionati, che si reggono su quei “prodotti di mezzo”, ossia su un’alleanza tossica, sistemica, tra aziende il cui risultato finale – consapevole o inconsapevole, come dimostrano quei passaggi opachi – è solo uno: estrarre profitto dalla pelle delle persone e dalla natura dei territori.

Glissiamo poi sull’affermazione che il fluoro non faccia male. Solo per questa affermazione la responsabile dovrebbe essere radiata dal suo ruolo di comunicatrice e di responsabile dell’azienda. Anche un bambino che gioca al piccolo chimico sa che il fluoro, magari combinato con acqua, fa non solo male, ma malissimo. La sua velenosità fa parte dell’immaginario collettivo, di chi ha un minimo di scienza elementare, confusa solo dal dentifricio e ora dai colliri. Anzi, sulla innocuità del fluoro e dei suoi derivati, sul potenziale medicamento per occhi che vogliono ben vedere, noi tutti, attivisti e ricercatori, nel febbraio 2017, ricordiamo la celebre Commissione Collirio, istituita da Nardone, a cui seguì la Lectio Magistralis del Dott. Angelo Moretto.

Sappiamo come è andata a finire. A gambe all’aria, con i libri dell’azienda in tribunale e i medici negazionisti a farsi le conferenze tra di loro. In attesa, tutti, di giudizio. Senza collirio. Senza paventate impurità negli occhi. Comprese quelle che a volte possono mettere le stesse Università, se contaminate da conflitti di interesse o da medici che negavano.

Prima del 25 maggio, del Consiglio della FIS, siamo tutti in attesa della conferenza «Esposizione a PFAS e manifestazioni cliniche: quali evidenze scientifiche e ruolo del medico del territorio» organizzata dall’Università di Padova – Il Bo Live per il 22 di maggio.

Sicuramente noi saremo presenti senza collirio.

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In allegato gli articoli di approfondimento.
Buona lettura.

Alberto Peruffo
Montecchio Maggiore, 19 maggio 2020

1. Articolo di FONDO ITALIA su «Divieto dei prodotti fluorurati, Maflon Spa fa vertenza alla FIS: a Fondo Italia l’azienda motiva la sua azione» >> https://www.fondoitalia.it/…/divieto-dei-prodotti-fluorurat…

2. Articolo di FONDO ITALIA su «Divieto dei prodotti fluorurati – Quello del 25 maggio sarà un Consiglio FIS molto acceso: rinvio o conferma?» >> https://www.fondoitalia.it/…/divieto-dei-prodotti-fluorurat…

3. Articolo di FONDO ITALIA su «Divieto dei prodotti fluorurati: la FIS va avanti ma ancora non c’è un sistema di controllo efficiente; rischio doping dei materiali?» >> https://www.fondoitalia.it/…/divieto-prodotti-fluorurati-la…

4. Articolo di PFAS.land su «LA SCIOLINA ASSASSINA? UN CASO INTERNAZIONALE. LA FABBRICA DELL’ORRORE» >> https://pfas.land/…/14-gennaio-2020la-sciolina-assassina-u…/

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>> L’ultimo articolo di Fondo Italia, dopo la riunione del 25 maggio > https://www.fondoitalia.it/2020/05/26/notizie/argomenti/biathlon/articolo/divieto-prodotti-fluorurati-dal-202223-libu-intenzionata-a-seguire-la-fis-ma-prima-vuole-delle-c.html

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26 marzo 2020
VOLGARIZZARE IL MALE
[pubblicato sui canali social dell’autore]

miteni tutela lavoratori

[costretto a scrivere di nuovo, dopo questo nuovo articolo, di oggi, sul GdV]

Siamo piuttosto fuori strada. Molto. Un’analisi. Costruttiva e distruttiva.

1. La critica/replica andava fatta sulla notizia falsa, quella che Miteni produceva questa sostanza, come da titolo “criminale”, apparso, sotto forma diversa, sia all’interno del Giornale, sia nelle locandine, il giorno 24 marzo. Dunque la critica andava indirizzata senza riserve, in primis, al Giornale perché Nardone non ha messo sul tavolo gli atti di questa produzione, ma una semplice ipotesi che il Giornale ha fatto, di suo, diventare una balla. Come un tempo si chiamavano le fake news. Peggio, una balla criminosa: in questi tempi caotici un’ipotesi del genere non doveva essere pubblicata. Specie se uscita da una bocca che ha raccontato montagne di balle ed è AD di un’azienda sotto processo per crimini ambientali. Non solo, il farmaco citato, come fosse un toccasana universale, non ha nessuna validazione ed è tetarogeno, come tutti i derivati dal fluoro ingeriti, volontariamente o involontariamente.

2. La critica/replica andava fatta poi sulla manipolazione dell’ipotesi: Nardone non ha mai detto che produceva tale sostanza miracolosa – almeno nel virgolettato del Giornale, unica fonte che può dare credito al titolo, che risulta invece equivoco, e per questo e per altro “criminale” – ma dice che avrebbe potuto produrla. Dunque ancora il Giornale è il primo colpevole, probabilmente perché non solo servo, di suo o per interposto giornalista, ma pure perché pagato, per vie longitudinali, legali. Cioè foraggiato da Miteni e Confindustria. Foraggiamento istituzionale – sono i proprietari – che negli anni ha creato una classe di giornalisti senza scrupoli e livellati nel loro sapere critico. Invitiamo G.Z. a firmarsi in chiaro, così sappiamo chi è per denunciarlo alla pubblica gogna, visto che ha reso pubblico l’impubblicabile e per questo dovrebbe essere sanzionato dall’Ordine dei Giornalisti, se ancora esiste. Infatti, seppure foraggiato, questo giornale è letto da cittadini, tutti. E quindi sottoposto all’autoregolamentazione dei suoi pari. Anche all’interno del Giornale. Uno strumento su cui si fonda la democrazia. O forse il GdV è un quotidiano demagogico?

3. Nel merito PFAS – qui – non si doveva entrare, per non cadere nella loro trappola mediatica. Ci si è entrati pure male. La Provincia, in ginocchio per quel che non aveva fatto prima, sotto la pressione dei movimenti e della popolazione, ha diffidato certamente la Miteni, la quale non fu costretta a chiudere per fallimento dopo le “ben 4 diffide” della Provincia. Ma per ben altro, tra cui il Concordato in Continuità Aziendale – la procedura fallimentare pilotata a maggio 2018 – messo in opera da ben altri attori. Corriamo il rischio di fare passare la Provincia di Vicenza ligia al suo dovere. Diffidate andrebbero invece la Provincia e la Regione per i permessi firmati alla Miteni e per quello che non hanno fatto. Prima delle diffide.

4. Infine, solo alla fine, quasi laterale e insignificante, la critica andava declinata a Nardone, non tanto per vittimismo. Un cinico come lui non sarà mai una vittima, ma sempre uno sciacallo. Che si lascerà morire nelle mani del profitto, felice fino alla morte. La critica andava fatta dunque per sciacallaggio – il contrario del vittimismo – per aver preso lo spunto di una molecola con un atomo di fluoro per ritornare sulla scena della spettacolino della nostra Regione e dell’amor patrio sui quali – orgoglio patrio e Regione – non mi soffermo. Ma sottolineo: sciacalli sono coloro che mangiano, sopravvivono, sopra le vittime.

Invece di parlare a vanvera Nardone dovrebbe consegnare i documenti con le parole di cui si riempie la bocca e la Polizia Postale chiudere la pagina FB @Noipermiteni (in realtà quel “noi” è uno solo, all’ennesima demenza: un Nardone per se stesso e per tutti i Nardoni del mondo): pagina gestita da un dipendente di un’azienda sotto processo che continua o potrebbe continuare a pubblicare notizie depistanti. Cosa aspettate a chiuderla? Dobbiamo farlo noi?

Così, in sintesi, nell’articolo di oggi accade il contrario: invece di affossare il Giornale e Nardone, si è dato volano alla loro indecenza divulgativa. Alla loro orribile vulgata, per rendere tutto volgare. Non solo la produzione del farmaco. Perfino la contaminazione degli operai e della popolazione. A partire dal nuovo osceno titolo, furbamente fuori strada, per darlo in pasto al popolo dei lettori. Magari per rimediare ad una gaffe, alla dabbenaggine. Senza tuttavia perderli. Questo era l’obiettivo del Giornale e di Nardone. Volgarizzare il male. Questo hanno fatto pur di vendere e uscire, in qualche modo. Dal crimine o nelle edicole.

Mi spiace vedere amici e compagni cadere in questi tranelli, nonostante il lungo percorso fatto.
Ma possiamo rimediare.
Anche con una sottile analisi.
Collettiva. Scientifica.
Del male.
Ciao.
a_

>> Leggi il precedente per capire meglio >
CRIMINALE TITOLO DEL GIORNALE DI VICENZA
[vedi sotto]

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24 marzo 2020
CRIMINALE TITOLO DEL GIORNALE DI VICENZA
[pubblicato sui canali social dell’autore]

giornale di vicenza titolo criminale

Oggi leggerete questo articolo con un titolo criminale, perché falso e generatore di caos, attribuito a coloro che sono sotto processo per il più grande crimine ambientale d’Italia, non per i titoli del quotidiano locale. Il Giornale di Vicenza dimostra qui la sua bassezza, pur di vendere qualche copia. Nello locandine in strada si parla addirittura di Miteni Antivirus, per far accorrere il compratore dentro l’edicola. Non c’è limite al profitto “del” e “sul” crimine.

Ad Antonio Nardone e alle sue dichiarazioni, chiariamo subito che con il condizionale e gli “avremmo potuto contribuire” non attesta niente di concreto, di valido, di credibile, e oggi, in questo caos funzionale non tanto alla improbabile prescrizione ma alla ottenebrazione di massa, quei condizionali non li deve usare per nascondere i crimini della Miteni e delle sue proprietà. Si rende solo ridicolo già di più di quello che è e che tutti sanno, per reiterazione comportamentale diluita nel tempo, in questi ultimi anni. Reiterazione che conferma la sua personalità. Inqualificabile il titolo del GdV, che altera le parole dello stesso Nardone, il quale viene subito smentito dalle RSU. Una cosa è produrre in modo lecito, sicuro per l’ambiente e per gli operai, per la cittadinanza, altra cosa è sversare senza riserve sostanze patogene nella Poscola o nella falda, a prescindere dalle ipotetiche funzioni positive di queste sostanze. LA MOLECOLA CITATA NON È MAI STATA “PRODOTTA” DALLA MITENI. Balle. Inoltre faccia nomi e cognomi, dati e documenti, di quello che dice. E’ da anni che parla a vanvera citando entità e rapporti mai controverificati con documenti leggibili.

Alla fine faremo i conti, sia con l’informazione spannografica, sia con i dirigenti spannometrici. Che hanno soluzioni per tutto, a spanne.

A questi ultimi non auguriamo il coronavirus.
Giammai.
Ma il carcere.
A vita.
a_

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14 febbraio 2020
IL VENETO NON POTEVA NON SAPERE
[pubblicato sui canali social dell’autore]

veneto anni 70 inconfutabile 2

Di fronte a questa foto, interrogatevi, Gianluca Zaia, Gianpaolo Bottacin, Domenico Mantoan, Adolfo Fiorio, Giampaolo Stopazzolo, Nicola Dell’Acqua, interrogatevi ogni volta che dalla vostra bocca esce, per la questione Miteni-Pfas, il vostro mantra spannoveneto: «siamo primi al mondo».

Lo abbiamo sentito dire innumerevoli volte dalla vostra voce. C’è scritto sui giornali e questa vostra documentata oltranza contro la verità dei fatti – il loro capovolgimento – sarà il vostro epitaffio morale, politico. Che incideremo sulla pietra che stiamo scolpendo. La pietra dei nostri quaderni. Affinché tutti ricordino che, due punti, «siamo primi al mondo».

Ieri sera eravamo a Pescantina. Anche qui, nei fanghi della discarica, sono conferite, ancora e per sempre, le porcherie della Miteni. Pfas. Come probabillmente a Zevio e chissà in quale altre parti del Veneto.

Al Teatro Comunale abbiamo visto, per l’ennesima volta, ciò che dovrebbe diventare obbligatorio per il Consiglio Regionale del Veneto, per i dirigenti dell’Arpav, per le cariche politiche che conducono gli Spisal e le Ulss: la visione forzata di THE DEVIL WE KNOW. Anzi, you know: Zaia, Bottacin, Mantoan, Fiorio, Stopazzolo, Dell’Acqua.

Gli operai della DuPont e la comunità di Parkersburg hanno vissuto la stessa storia che hanno vissuto gli operai della Miteni e le nostre comunità. Notate la declinazione verbale per i due soggetti. Hanno vissuto. Stesso tempo, stessa storia. La 3M “inventa” il PFOA nel 1945. Negli anni 60 entra a regime di lavorazione massiva la nuova sostanza (allora sì, veramente “nuova”) e altri derivati del fluoro, in contemporanea, sia a Parkersburg (USA) sia a Trissino (Italia). A Trissino la produzione sperimentale inizia nel 1966, sotto il nome di Ricerche Marzotto (RiMar). Nello stesso anno, primo incidente sulla collina e spostamento del laboratorio originale in basso, nell’attuale sito di Miteni, sopra l’acquifero della valle. Nel settembre 1977 secondo incidente e disastro ambientale. Gli acquedotti di Sovizzo e Creazzo vengono chiusi a partire dal 1978. Gli abitanti forniti con le autobotti prestate dalla SETAF. Nel 1979 i pozzi vengono chiusi pure a Vicenza e inizia il lavoro di allacciamento dei comuni contaminati alla linea di Novoledo. Negli anni successivi l’azienda viene messa sotto Direttiva Seveso, giudicata tra le cinque fabbriche più pericolose del Veneto. Do you Know?

Venite a vederlo, dirigenti del Veneto, questo film.
The Devil You Know.
Lo dico con spirito propositivo, per quanto forzato, ingiuntivo: questo film va visto, anche se non volete.
Altrimenti un giorno vi accuseremo pure di non averlo visto.
Ma se anche voi non venite, il popolo lo sta guardando.
Per elaborare quella frase che perfettamente sigla, al contrario, la Regione in cui viviamo.

Questa foto attesta che si sapeva tutto già dagli Anni 70.
Il Veneto, i veneti, hanno chiuso gli occhi, il naso, le orecchie, tutto.
E aperto qualcos’altro.
Gli orifizi degli scarichi.
Personali, comunali, pubblici.
Per far passare qualcosa che si sapeva e che si voleva.
Per diventare la regione/Regione – la Valle dell’Agno e del Chiampo in primis – più inquinata d’Italia, d’Europa.

Di fronte a quel primo interrogativo, a questa foto, alle vostre parole, alla testimonianza americana, c’è da vergognarsi davvero.
Di essere, appunto, primi al mondo.
I primi al mondo a dire il contrario di quello che siamo.

Un’eccellenza contraria.
Un’eccedenza di sé.
I primi degli ultimi.

A voi tutti, amici e nemici, questa prova, questa foto, inconfutabile.
a_

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Foto: Manifestazione di operai e sindacati fine anni 70 a Vicenza. Prima linea del Consiglio di Fabbrica RIMAR (futura MITENI), Valle dell’Agno, denuncia il pericolo ambientale e l’attentato alla salute. Foto Archivio Enzo Ciscato FLM Acciaierie

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6 febbraio 2020
«UNA SOVRANISTA INCALLITA, UN COMMISSARIO TRANQUILLIZZATORE, UN ACQUAIOLO MORALEGGIANTE… A CAPO DELLA LOTTA CONTRO I PFAS?»
[pubblicato sui canali social dell’autore]

sovranista incallita

Virgolettato, potrebbe essere il sottotitolo di una futura commedia che sto scrivendo. O che stiamo vivendo?

Sia chiaro una cosa, stasera – Conferenza sul nuovo acquedotto a Brendola – per i relatori: non venite a raccontarci le mezze verità che sentiamo da vent’anni e a fare propaganda elettorale. Nessuno di voi ci rappresenta e se fate un passo falso su questa indicazione siamo pronti a prendervi a frutta in faccia, contaminata. Non georeferenziata. Quella che non ci avete mai consegnato. Certo, forse le istituzioni democratiche – frutto delle lotte, non delle combine – ancora ci rappresentano, ma bisognerà rifondarle. Voi non ci rappresentate. Soprattutto i vostri capi politici, che noi riteniamo corresponsabili del nostro inquinamento. A partire dalla Galassia Zaia, passando per la Galassia Variati e tutte le ramificazioni ministeriali che queste sottogalassie hanno architettato per dare alimento ai grandi poteri che hanno devastato il Veneto, facendola diventare una delle Regioni più inquinate del pianeta.

Stasera siete a Brendola per rendere conto. Non per fare pubblicità delle primizie del Veneto.
Ricordatevelo.
Altrimenti. La frutta.
O la finestra.

Nel merito. E per ordine di gravità. Le mie considerazioni.

1. Non vedo la ragione perché un esponente di una parte politica di potere – ossia che ci ha governato da decenni, dando i permessi agli inquinatori (ultimi sul GenX 2014 e al Cogeneratore Miteni 2017) – debba essere presente in questa conferenza di informazione pubblica. Anzi la vedo. Solo una. Per fare propaganda. Come lo fecero prima del referendum del 22 ottobre 2017 con i nuovi filtri al carbone Pfas zero, una settimana prima del voto, lo stesso partito. A breve ci sono le Regionali. La Bizzotto – molto brava e presente nel suo lavoro – è qui per iniziare la propaganda sulla questione più importante del Veneto, prima delle elezioni. Mossa e presenza scorretta. Scorrettissima e per niente desiderabile da chi lotta contro i Pfas. Non è questo il tavolo per la sua presenza. Non solo. Mi chiedo come una “fedelissima alla linea” del partito di cui è rappresentante potesse pensare di avere risultati sui Pfas in Parlamento Europeo quando sapeva che i suoi primi alleati – Forza Italia – e i consociati del PD – le lobby di cui tanto si riempie la bocca in Europa e di cui poi fa campagna elettorale in giro per il Veneto, appoggiando sindaci forzisti, le avrebbero votato contro, ossia come potesse ottenere credito e ascolto da un parlamento di sciacalli economicisti dopo i suoi precedenti interventi semplificatori – senza nessun pensiero articolato, ma solo dettato – sul sovranismo, a difesa di Orban o altre facezie del genere, come sui campi rom, generalizzando e criminalizzando interi gruppi di persone e questioni estremamente complesse. Interventi a volte davvero ridicoli, politicamente parlando. A parte i capannoni, da quando ti interessi di ambiente, Bizzotto? Da sempre? Visto che è da vent’anni che fai politica! O da quanto te l’ha chiesto Zaia? Per portare voti, consenso e fondi europei, anche diluendo in tutta Italia e addirittura su «milioni di persone» il pericolo PFAS (int.parlam. E-002011-19, 18 aprile 2019), chiedendo aiuto – denaro, soldini – alla tanto odiata Europa? Chi mai ti ha visto nelle nostre lotte ambientaliste degli anni precedenti? Nessuno. Mai vista a nessuna delle nostre manifestazioni. Assente. Come la maggior parte dei tuoi compagni di partito e delle relative forze alleate. Forza Italia in primis.

2. Il 4 di ottobre al Museo dei Grandi Fiumi Nicola Dell’Acqua dice testualmente: «Per anni si è dato da bere a 120mila persone acqua che si pensava ottima». Bene. Anzi male. Malissimo. Prendiamo atto di questa confessione di colpa e responsabilità. Perché in quei pesantissimi impersonali “si è dato” e “si pensava” dovremmo mettere dentro molte persone, dirigenti e amministratori del territorio. Noi non ci rifugiamo sull’impersonale. Non ci rifugiamo. Abbiamo chiesto ai giudici di procedere per nome e cognome. Se quindi questa sera Il Commissario Dell’Acqua viene a raccontarci con quel solito tono di chi sa le cose e le dice in modo sommesso perché la sua coscienza pesa più delle direttive politiche sotto a cui certamente si sente ingabbiato, se costui viene a raccontarci che il Veneto è il primo al mondo, è la Regione migliore, è quella che tira le fila della lotta contro i Pfas, è quella che ha la più grande ricerca epidemiologica del mondo – come disse il brendolano Mantoan, ora “Direttore del Farmaco”, lo stesso che questa sera non avrà il coraggio di farsi vedere tra e dai suoi compaesani! – se dirà tutte queste primizie del Veneto per far da spalla al punto 1, sappia che siamo pronti a intervenire durissimamente. Perché qui abbiamo gente che soffre e che muore. Non dirigenti come lui o come altri con migliaia di euro di stipendio in saccoccia, mentre noi facciamo la fame e ogni sera e ogni giorno siamo in giro a conferenze o a scuole, non per raccontare mezze balle propagandistiche alla Zaia (v. ampia documentazione certificata su NTIP), ma la verità della scienza che i dirigenti politici del Veneto omettono. La verità che dovrebbero fornire loro. Nelle assemblee e nelle scuole. Negli ambulatori. Nessuno ci paga, se non la dignità di essere cittadini attivi che amano e difendono figli e territorio. Tutti noi ricordano le uscite di Dell’Acqua quando diceva che gli industriali sotterrano rifiuti inconsapevolmente (!! Minerbe 24 novembre 2017), oppure in una conferenza a porte chiuse con l’Ordine dei Giornalisti dove indicava ai pseudo-giornalisti cosa scrivere per tranquillizzare la popolazione (testimonianza di una giornalista presente, Verona 3 ottobre 2018), o gli incontri privati (!!!) con i genitori (testimonianze dirette 2017/2019) o la querela paventata della Giunta del Veneto al sottoscritto per aver detto in trasmissione Rai a lui e a Bottacin che era ora di finirla di dire che siamo i primi, spostando, diluendo l’attenzione sul Po e sulle tanto celebrate sostanze di nuova generazione (17 aprile 2019). Nuove quando? Sarebbe da torturare lui e tutti i Bottacin del Veneto mettendoli davanti al film The Devil We Know in loop 24h, per una settimana, così la finiscono di prenderci in giro e di dire che sono stati loro a chiudere la Miteni. Loro? Pagliacci, ho pensato la prima volta che l’ho letto sul GdV. Se non c’era il popolo, la Miteni sarebbe ancora lì. Dovevano farla chiudere prima. Così Bottacin avrebbe avuto più tempo per scrivere le sue memorie ambientaliste, che resteranno tra gli scarti della storia non-storia di queste terre violentate.

3. Su Andrea Pellizzari, l’uomo dalle “ragioni etiche” (parole sue in Commissione Ambiente, Montecchio Maggiore, luglio 2019) per le quali mai e poi mai metterebbe un termovalorizzatore che inquina in un luogo, qualunque esso sia, non voglio aggiungere molto. Ci spieghi stasera la sconnessione tra aria e acqua, ma soprattutto queste strampalate ragioni etiche che si sente nascere dentro il petto e quanto esse siano invece strategiche – abbellitrici – all’attuale posizionamento di quello che dovremmo chiamare con il suo vero nome: INCENERITORE. Dove lo posizioniamo, a casa tua, a Vicenza, visto che eticamente è irreprensibile? O a casa di Variati? In giardino. Per far le braciole ai consociati spannoveneti. Quale pietà in fatto di logica dovremmo avere per questi interlocutori che parlano di ragioni etiche e non ci dicono le ragioni ultime? Pellizzari, impara a chiamare correttamente l’impianto che dovrebbe bruciare 50.000 tonnellate di roba (35.000 di fanghi di conceria + 15000 di altro) e chiedi al tuo compagno di tavolo, Dell’Acqua, che senso ha chiamare un “diaframma di cemento” bonifica quando è invece una misera MISO, una Messa In sicurezza neppure tanto Operativa, ma obliterativa, visto che si vuole dimenticare l’eterno pastiglione che nasconde la Miteni e le caratteristiche degenerative del cemento. Dell’Acqua e Pellizzari, imparate a chiamare le cose con il loro nome, allora accetteremo di buon grado la vostra presenza. Non solo, cari gestori dell’acqua che ancora oggi ci consegnate liquido contaminato, anche se potabile (fatto per noi ininfluente, perché bioaccumulabile nei nostri organismi, nonostante i vostri limiti). Non solo. Preparatevi a un class action stratosferica dove chiederemo i danni per le decine di anni in cui ci avete consegnato acqua tossica e costretti a pagare non solo bollette caricate di oneri non previsti, ma centinaia di euro all’anno per l’acqua in bottiglia. Si stima almeno 500 euro all’anno per famiglia solo di questa. Moltiplicate per 10 anni, per 20, per più del 50% delle famiglie delle nostre valli, e… addio Acque del Chiampo. Dovrà cambiare nome, la vostra azienda supermunicipalizzata: Risarcimenti del Chiampo.

Per chiudere, stasera vogliamo sentire parlare di acquedotti che sono stati conquistati dalla cittadinanza attiva, dalle firme dei Comitati, a partire da Acqua Bene Comune Vicenza e Coordinamento Acqua libera dai Pfas, non da Zaia, Variati, Bottacin, Fracasso, Coletto, Bizzotto, o altri attori della politica consociativa che ha portato all’immonda situazione in cui viviamo. Vogliamo sentire parlare di acquedotti, dei nuovi acquedotti. Senza illuderci che state per fare una grande cosa. Voi.

Alla fine – ciò che state per fare – è una cosa dovuta e di per sé neppure tanto bella. Peggio: si tratta di acqua depredata da altri territori, dopo aver devastato i nostri.

La finestra?
Si sa: di fronte a narrazioni tossiche, la finestra.
Resta solo questa.
A voi il verbo che da essa si genera.
a_

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alberto_peruffo_CC
Alberto Peruffo | Montecchio Maggiore | VI
GIUGNO 2020