ANALISI DI PRIMA POLITICA. 1 – VENETO / PFAS / FORESTA
tra racconto clinico e scrittura operativa
una narrazione analitica personale ad uso degli amici attivisti*
di Alberto Peruffo
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L’INASPETTATO ARRANCARE PREVENTIVO DELLA COMMISSIONE ECOMAFIE
Tra soluzioni farmaceutiche e articoli casalinghi

Il Professor Carlo Foresta invervistato dal TGR, 30 maggio 2020
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Montecchio Maggiore, 5 giugno 2020
Memori della Commissione Collirio, divenuta celebre per aver dimostrato per la prima volta l’impreparazione delle parti in gioco sulla questione Pfas, soggiogate dal narratore di turno, il fu Antonio Nardone, AD di Miteni, in questi giorni ho assistito a un nuovo inaspettato inciampo istituzionale ad opera dell’autorevole – per autorità trasferita – Commissione Ecomafie, presieduta da Stefano Vignaroli.
L’audito questa volta è il magnifico Prof. Carlo Foresta. Magnifico davvero, per le sue competenze e risultanze scientifiche. Tuttavia, pure lui con qualcosa che dovrà in futuro chiarire, meglio, se vorrà continuare ad avere la fiducia della popolazione. Altrimenti nell’immaginario popolare – in costruzione – potrà sembrare essere colui che sta cavalcando il cavallo della ricerca per avere scoperto i meccanismi ormonali con cui montare in sella. Niente di più. Non l’eroe rivoluzionario della medicina d’assalto. In realtà, a ben vedere e per chi conosce la storia, quel cavallo divenuto ora di razza ricercata – la salute dei veneti compromessa, non solo dai Pfas – era già stato cavalcato più di qualche volta, ma senza esito e senza ascolto, da altri medici, in primis gli estensori del Progetto Salute Arzignano 2008 dove già erano emerse gran parte delle patologie che riempiono ora i fascicoli dei nuovi medici, documento ineccepibile e poco considerato come le allerte che furono lanciate da varie voci, soprattutto i medici ISDE, sui Pfas, per arrivare all’improrogabile famoso documento di Domenico Mantoan nascosto dai dirigenti della Regione Veneto nel 2016.
Insomma. Per quanto bravo ed esperto di “meccanismi” per i quali il mondo intero gli sarà grato, Carlo Foresta ha scoperto ciò che propriamente potrei chiamare, per restare in metafora di scoperta “già scoperta”, i rivoli di contorsione per comandare il meccanismo del rubinetto dell’acqua calda, ossia quello che decine di altri studi internazionali dicevano macroscopicamente e che un’intera classe di decisori politici e medici negazionisti hanno negato per anni. I Pfas fanno male. Bravo Foresta: conoscere i meccanismi molecolari è un passo in più, ma non è sufficiente. Specie per alcuni passaggi. D’inciampo.
Veniamo ai punti dolenti espressi dalla Commissione durante la sua audizione. State attenti. Due dei tre sono piuttosto sconcertanti, uno ilare. Si parlerà, in estrema sintesi, di farmaci e di grigliate, di prevenzione e di oggetti fin troppo casalinghi.
PRIMO
Cominciamo da un punto di forza e da un salto quantico. Il Professor Foresta, chiarissimo, spiega per filo e per segno, tutte le patologie da associare ai Pfas. Non solo, esterna una proposizione che potrà avere valore penale per i giudici del processo in corso contro i criminali che hanno sversato per anni dette sostanze: «esiste sicuramente una relazione tra l’inquinamento di queste sostanze e lo stato di salute». Punto, a capo.
Con una proposizione simile, ricordo ai magistrati italiani, la DuPont è stata giudicata colpevole e ha pagato 1 miliardo (uno con nove zeri) di dollari per risarcire la popolazione, in due tranche. La chiusura di Foresta è invece un salto quantico – chiamiamolo così, il salto più lungo del dovuto, soprattutto per noi, popolo contaminato – sul “concetto di salute”, in perfetta continuità col web seminario di qualche giorno prima, organizzato dall’Università di Padova.
Parte alla grande il Magnifico Dottore, dicendo che poco o nulla si è detto alle popolazioni dal punto di vista sanitario: «si è comunicato che possono andare incontro a manifestazioni cliniche, ma mai nulla si è detto che ci sia qualche soluzione che prevenga queste». A una lettura superficiale, come hanno fatto la maggior parte dei giornalisti, degli opinionisti, la Commissione stessa nel suo CS, sembra un’affermazione portatrice di grande positività. Non lo è. Per due ragioni. La prima, quel “non dire nulla” – finora! – significa che siamo in mano a una classe medica dirigente che ha abdicato alla propria missione, anche solo di informare “come si deve” e parlare con i propri pazienti. Ma soprattutto perché arriva a sostegno della prima, la seconda ragione, la quale annuncia una prevenzione che di fatto non è una “prevenzione”: termine usato troppo genericamente da Foresta, associato infatti dai suoi superficiali commentatori subito alle “soluzioni” da lui proposte. Difetti dell’informazione? Superficialità della sintesi? O il voler scappare via dal fuoco del problema?
Attenzione. Ecco il punto analitico focale: quel “non di dire di più” sulle soluzioni che “prevengono”, non è quello che si dovrebbe dire propriamente “per evitare i danni”, ma, nel pieno rispetto delle parole di Foresta, tutt’altra cosa, sempre comunque molto importante. Anzi importantissima. La riassumo in tre passaggi: i danni esistono, essi hanno una soluzione e la soluzione sono i farmaci. Farmaci. Ripeto, farmaci. E affini.
Tutto ciò potrebbe sembrare elementare, naturale, di fronte a una patologia emergente e al suo rischio. Non è così. Senza che nessuno se ne accorga, il Professor Foresta sposta il baricentro del “concetto di salute” non più sulla PREVENZIONE SOSTANZIALE – di primo livello – ma sulla PREVENZIONE FARMACEUTICA – di secondo, terzo, o altro livello – o dir si voglia, artificiale o artificiosa, creata appositamente dall’uomo a fronte di un danno causato sempre dallo stesso. In altre parole, sequenziali: il danno esiste, sono i Pfas assunti; io – medico ricercatore – non entro nel merito se li state assumendo; anzi li assumete, nonostante i superfiltri della Regione, aggiungo io; e se anche non li assumete, sottolinea Foresta, per 10 anni minimo li avrete nel corpo; quindi io – di nuovo medico ricercatore – vi offro la soluzione perché ho scoperto il meccanismo del danno e deduco di conseguenza – con la mia equipe di studio – il meccanismo della riparazione.
Legittimo dal punto di vista tecnico-medico. Ma non etico, per noi, popolazione contaminata. Anzi, lo spostamento è grave, in fatto di salubrità dei territori, se quel medico non dirà qualcosa in più. Mi ricorda molto l’Ospedale di Montecchio Maggiore – dove vivo, in Valle dell’Agno, a 7 km dalla Miteni – che “lavora” 5000 pazienti all’anno per patologie legate al cancro al seno con il primario che dice che tale Centro di Senologia è tra i migliori della nazione, non solo per le alte e indubbie competenze mediche, ma perché sono primi nella prevenzione. Sapete qual è la loro “prevenzione”? Il test al seno – ossia una diagnosi precoce! Non combattere per togliere le cause tossiche di quella patologia: l’ambiente schifoso dove vivono tutte queste donne, e i loro figli! Con una postilla davvero scomoda: spesso i medici dirigenti sono alleati politici con le forze confindustriali che causano il danno.
A confermare questa leggerezza sulla salute territoriale, sulla vera prevenzione, non una sola misera parola ben articolata sul fatto che la popolazione stia continuando a ricevere Pfas dalla falda, dalla barriera idraulica Miteni che perde, dagli alimenti, mentre invece lo stesso Professor Foresta celebra la straordinaria efficacia dei filtri, della Regione Veneto che li ha messi. Questo anche nel seminario. Non solo. La sua affermazione che la popolazione è stata informata sui danni clinici dei Pfas e – di conseguenza, si deduce – su cosa effettivamente essi siano, dai medici del territorio, non corrisponde a verità, se non parzialmente e per una percentuale molto ridotta di concreta informazione su cosa queste sostanze provocano e su come si fa a prevenirne l’assunzione. Anzi, nessuno di noi abitanti dei territori è stato informato dalle autorità mediche e istituzionali su cosa “sono effettivamente” i Pfas, se non sotto nostra pressione e in occasioni pseudodemocratiche – come l’Assemblea di Brendola del 10 maggio 2016 presieduta dalla Dottoressa Francesca Russo. I danni che il professore cita, nelle loro manifestazioni cliniche, già si conoscevano da anni, seppure i meccanismi biomolecolari erano ancora oscuri.
Peggio, non solo non siamo stati informati su ciò che si sapeva dall’ampia documentazione che lo stesso Bilott ha portato in un teatro strapieno di gente a Lonigo il primo ottobre del 2017. La Regione, ancora nel lontano 2013, ha messo sì i filtri, tuttavia senza avvertire la popolazione del pericolo che stava ingoiando, implementandoli a zero Pfas nella settimana di propaganda prima del referendum farlocco sull’Autonomia del 2017, 4 anni dopo, e ancora oggi, 7 anni dopo, la stessa Regione non risponde su questioni dirimenti, come alimenti, analisi per tutti, bonifica immediata integrale sul sito Miteni. Al posto di queste priorità abbiamo avuto: continui temporeggiamenti sulla bonifica – in versione light; fallimenti – che noi consideriamo pilotati; caratterizzazioni a maglia stretta – mai fatte. Dirò di più. Scoperta per me, piuttosto recente. Tra la sua informazione ufficiale c’è un opuscoletto che è davvero fuorviante e triste per la troppo parzialità delle informazioni che riporta e che quasi nessuno, per nostra e vostra fortuna, Regione, ha visto. Ma su questo annacquare tempi e contenuti ritornerà qualcuno dei miei compagni con un articolo di critica al seminario di Padova su PFAS.land.

Opsucolo dell’Azienda AULLS 8 – Revisione n. 1 – Dicembre 2018 [se si ingrandisce si possono leggere informazioni molto parziali e fuorvianti, ad esempio sugli alimenti, mai seriamente georeferenziati nella documentazione fornita alla popolazione]
In sintesi, il salto quantico è questo: si passa direttamente dall’ATTENTATO ALLA SALUTE alla PREVENZIONE FARMACOLOGICA – aspirina, vitamina D, progesterone – ossia a una prevenzione sul danno potenziale, senza fare un minimo cenno alla prevenzione di cui la popolazione ha veramente bisogno: condizioni di salubrità sistemica, a tutto tondo, dagli ambienti, agli alimenti, fino alle procedure di democrazia dei territori che prevengano i disastri ambientali, colpiscano senza mezzi termini le azioni criminali di chi crea gli inquinamenti, compreso chi governa e non controlla i produttori. La farmacia resta un intervento a posteriori, non una vera prevenzione. Un intervento su organismi contaminati. Ossia una prevenzione del danno su organismi già “potenzialmente” ammalati – come il test sul seno – non una prevenzione sulla e per la salute. In parole definitive, non ci risulta che Foresta o i medici seminaristi abbiano mai indicato la vera prevenzione, come ad esempio di non mangiare alimenti non-contaminati, soprattutto perché georeferenziati dalla stessa Regione Veneto. Georeferenze che la Regione non ha ancora consegnato. Non so se cogliete la sottile differenza tra prevenzione sostanziale e prevenzione sul danno potenzialmente già in atto. Tra prevenzione sugli ambienti e prevenzione farmaceutica. Tra informazione pubblicata senza riserve dalla stampa e informazione passata al setaccio della critica. Mediante un’analisi di prima politica forse oggi più che mai necessaria delle stesse analisi cliniche dei medici, purtroppo in mano, indirizzate dalla seconda e terza politica.
Si capisce, dopo tutta questa analisi, che si tratta di questioni di priorità, non solo politiche, ma pure analitiche.
SECONDO
Proprio la democrazia e la segretezza di certe questioni sono il punto forse più sconcertante di questa Commissione Bicamerale. Sarò breve nei prossimi due punti. Dal minuto 21 e qualche secondo il Presidente Stefano Vignaroli – che scopriremo piuttosto impreparato – invita Foresta al diritto di secretazione, dopo essere stato avvertito dall’On. Alberto Zolezzi su questa possibilità di fronte alla questione sostanze di nuova generazione. Chiamiamolo così questo diritto. Che io vedo più come un dovere coatto, una coazione di secretazione. Qualcosa mi sfugge in questo inciampo di Vignaroli e compagni. Sembra quasi che si voglia proteggere il medico, il quale invece risponde per le rime. Infatti, come si fa a secretare un medico che parla di sanità pubblica, di ricerche internazionali, di cose e fatti che riguardano tutti, anche i figli dei Vignaroli e dei Foresta, su cui credo non ci sia segreto istruttorio che tenga perché non si parla di prove occultate o di altro fatto degno di compromissione giuridica o di minaccia da parte dei produttori, ma di salute clinica e di risultanze scientifiche? Come si fa?

Stefano Vignaroli, durante la Commissione Ecomafie del 26 maggio 2020
Qui il Professor Foresta risponde lapidario bypassando l’imbarazzo di una simile eventuale secretazione. Si espone senza mezzi termini sulla pericolosità dei C6O4 aggirando la questione con una sua “sensazione” di cui presto vedremo la pubblicazione ufficiale: «il C6O4 per alcune condizioni che sto studiando crea più problemi del PFOA». Punto.
Perché allora la secretazione, davanti ai C6O4? Come mai? Ce lo vuol spiegare Vignaroli, visto che incalza Foresta al minuto 23 e 40 secondi proprio sul suo essere troppo esplicito su queste sostanze? Cosa dovrebbero dire i nostri compagni di lotta di Spinetta Marengo? Che tutto si diluisce sul Po, come ben sottolineato da Zolezzi, preoccupato? O come già indicato dai dirigenti della Regione Veneto per distribuire le responsabilità di questi decennali indecenti gravi inquinamenti sistemici, ad opera delle cosiddette nuove sostanze come il GenX, fratello del C6O4, di cui la Miteni è stata la massima produttrice, con l’AIA firmata dagli amministratori locali? Secretiamo l’evidenza scientifica e le firme amministrative? Neghiamo la loro nocività? Non ci piace che venga secretato una risultanza scientifica, nel mentre una Commissione Ecomafie io credo dovrebbe concentrarsi sulle firme e sulle collusioni! non sugli aspetti chimico-fisici della vicenda, soprattutto se chiesti allo specialista sbagliato, che risponde senza precisione. Secretare la scienza significa mettere sotto segreto – in gabbia – la salute del popolo, per fare spazio ai giochi delle lobby industriali le quali, proprio per queste secretazioni, quasi mai funzionali alla ricerca giuridica, potrebbero entrare nei nostri parlamenti per vie traverse. Portando a decisioni che non sono più democratiche, ma antidemocratiche. Ossia, opache. Occulte.
Come una “ragione di stato” che potrebbe nascondere le applicazioni militari dei Pfas, e le relative grandi economie di morte che stanno dietro a queste e ad altre sostanze.
TERZO
Questo punto è il più ilare. Che consegue dal secondo, da domande un po’ fuori tema, anche se passate per multidisciplinari. Ed è proprio l’ilarità che stona di fronte all’altissima serietà che per noi riveste, nel nome, una Commissione Ecomafie. Nell’imbarazzo dello stesso Foresta, la Commissione inciampa in un paio di domande ridicole. Ridicole perché sono rivolte a un andrologo e non a un ingegnere della chimica.
La Commissione chiede a Foresta se gli sa indicare i sostituti dei Pfas. Meglio, essendo il Presidente aduso a fare grigliate, alle carte da forno, come tutti in Italia, non solo a Roma, gli si domanda se certuni articoli casalinghi non distacchino microparticelle perfluorate che possano poi di conseguenza portare nocumento alle libagioni. Insomma, se gli articoli da cucina sono vettori di danni alla salute etc. Foresta è sentenzioso di fronte a una domanda così inconsulta. Non si tratta di inquinamento introdotto da suppellettili domestici, spiega senza mezzi termini, ma si stratta di CONTAMINAZIONE INDUSTRIALE, enorme. Di sversamenti SENZA SCRUPOLI nelle acque superficiali e profonde. Con sostanze entrate in grande quantità negli organismi della popolazione. Mediante acqua. Aria e cibi, aggiungiamo noi. Non suppellettili da cucina. D’altra parte, poco prima, agli altri inquirenti che avevano “diluito” con alcune domande il primeggiare del Veneto su queste sostanze, Foresta risponde – con grande onestà – che questa Regione è capofila non perché è la migliore, ma perché è la più inquinata d’Italia, sicuramente del mondo sulla questione Pfas. Di necessità, virtù.
Mi sorge, alla fine di questa Commissione, il dubbio: di quale virtù? La medicina? Ossia di una pratica da applicare a una popolazione enorme da “curare”? Chiamandola “prevenzione”? Quale prevenzione? Sostanziale o farmaceutica? E questi due tipi di prevenzione, così diversi, possono andare insieme? E se sì, come prevenzione sistemica, a quale delle due dobbiamo dare la priorità? E perché non nominiamo mai la prima forma di prevenzione? È forse d’intralcio alla seconda perché abbasserebbe di almeno 50 punti percentuale i possibili pazienti, il PIL che da loro esce, estratto come fosse petrolio già impacchettato in buste da girare nei mercati finanziari degli agenti del male? Nelle borse capitaliste del mondo? Iniettate di farmaci? Di economie circolari del male?

La grande serata di Lonigo, 1 ottobre 2017, con Robert Bilott, dove la tossicità dei Pfas di vecchia e nuova generazione furono portate all’attenzione del pubblico in modo inequivocabile
CONCLUSIONI
Per me tutta questa leggerezza, andare fuori tema, spostare continuamente i baricentri delle questioni, non è giustificabile. Vignaroli dovrà ingegnarsi per recuperare i punti sospesi lasciati da questa audizione. Noi siamo pronti – attivisti e cittadini delle zone contaminate, i nostri gruppi di ricerca – a consegnare documenti già espressi, da noi raccolti con precisione e puntiglio, in vista della nostra causa in Corte Europea, documenti che forse la Commissione, di fronte a certe domande, trascura. Non solo. Lo stesso Professor Foresta – come già espresso nel seminario con una mia domanda, prontamente ripresa dallo stesso professore in diretta, da lui ahimè stravolta, quella sulle “presunte cavie” – dovrà fare qualche solido passo in più per non cadere nella categoria dei “medici tardivi” nel cavalcare cavalli di razza.
In quella domanda si chiedeva un passo forte da parte sua e dei suoi coscritti ricercatori, alcuni dei quali past-negazionisti, o bassi informatori, chiamiamoli così. Un passo da fare con tutti i “nuovi medici emergenti”, tanto per non dimenticare che GenX e C6O4 emergono dal PFOA, dal passato obnubilato, denso di nubi. Altrimenti, senza quel passo, sì che una popolazione che pensa di essere messa al sicuro solo con una simil-sorveglianza sanitaria e una prevenzione che non interviene sulla CAUSA, ma sul DANNO, mediante farmaci, si sentirà “cavia”. Materiale da studiare e da “medicare” che offrirà lavoro e pubblicazioni internazionali per decenni. Questo abbiamo suggerito: I MEDICI DEVONO SOLLEVARSI contro gli inquinatori, il sistema che inquina e che spesso si consocia con loro stessi che curano o che producono materiale che cura. La Miteni è stato un esempio durante la Commissione Collirio: prima ci provoca il cancro e poi ci offre le medicine per curarlo. Parole di Nardone. Frutto di una vera e propria economia circolare. Della morte. Civile. Peggiore, a conti fatti, di una guerra, per caduti e innocenti spariti silenziosamente.
Perciò, dobbiamo dirlo ai grandi medici e ai superpresidenti, scendete dal cavallo della ricerca e andate incontro al popolo contaminato. Soprattutto perché una parte di esso ha scelto un cavallo molto più bizzarro di quello della medicina in vitro. Il cavallo incontenibile dell’attivismo, scientifico e radicale. Un cavallo di Troia. Che non ci penserà molto a piegare le gambe al cavallo troppo strigliato e foraggiato della ricerca. Se questo vorrà andare per conto suo.
Alberto Peruffo | Montecchio Maggiore | VI
5 GIUGNO 2020
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*Non potendoci sempre trovare insieme, a parlare, faccia a faccia, scrivo queste riflessioni aperte a future considerazioni, azioni, sviluppi. La prima serie è stata raccolta qui >> http://edizioni.cierrenet.it/volumi/non-torneranno-i-prati/