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Al lavoro nella storica Libreria La Casa di Giovanni, ripreso dalla vetrina da un fotografo di passaggio

NCPP è un agile prontuario teorico-concettuale mediante cui affrontare il Potere, il potere con la P maiuscola, la pre-Potenza che si annida in tutto ciò che ci circonda (anche in noi stessi) e che in modo aprioristico i nostri interlocutori ci mettono di fronte per farci agire senza pensare.

NCPP è l’impasto teoretico di un nuovo racconto politico, redatto in forma accessibile, frutto di anni di studi, disciplina e militanza frontale.

Solo un pensiero fortemente critico, pure sulla propria potenza, che non deve restare rinchiusa dentro a se stessa, ma diventare azione “corrispondente”, potrà migliorare le relazioni tra le persone e incentivare la civiltà, la convivenza, ciò che io chiamo Civiltà delle Relazioni per superare l’arroganza che ci sia una civiltà “territoriale” superiore a qualcun’altra, un essere umano a priori nato in un luogo e in uno spazio privilegiato, dotato di una cultura inattaccabile e per questo pre-potente. Vorrei pure superare l’idea che ci sia un genere maschile “migliore di” un genere femminile. È utile riconoscere la differenza e pensare il contrario. Per questo – e per i limiti della lingua in cui scrivo – userò spesso e il più possibile la locuzione “esseri umani” quando parlerò di “uomini”, homines, per parlare della specie umana. E “uomini e donne” per sottolineare la loro magnifica – in senso positivo – differenza.

Proprio per rompere l’apriorismo tipico degli approcci umani precostituiti che portano a una ineludibile passività che si manifesta in svariate forme sociali, la Civiltà delle Relazioni qui studiata mediante “piccole cartucce di pensiero” dovrebbe e potrebbe diventare una «democrazia dei corpi attivi». Una difficile, perché mai scontata, rivoluzione quotidiana, attraverso la pratica di ciò che sappiamo significa pensare quando si pensa radicalmente, interrogandosi sulla radice concreta, e quindi attiva e post-costituita della nostra facoltà razionale. La teoresi anticipa la prassi, ma su essa si fonda, in un circolo virtuoso che solo chi pretende di avere la verità in tasca – la sua arroganza, magari per titolo o per nascita – non conosce. Partendo quindi dai territori, dove si vive. E da come si vive.

Tuttavia, entrando nella “geografia concreta”, la disciplina che più amo e studio, le relazioni civili non dipendono mai totalmente dallo spazio culturale e geografico in cui siamo nati, ma dall’intelligenza della persona di sapere distaccarsi dall’eredità culturale acquisita, dalla geografia attraversata – compresa quella digitale – per poterne valutare aspetti negativi e positivi da confrontare con gli altri. Dal confronto si eliminano le scorie reciproche e si cresce nella civiltà delle relazioni, rendendo inutile o assai complesso il concetto di identità. Individuale o collettiva. Concetto che io consiglio di sostituire con il termine coerenza: la corrispondenza caratteristica di un pensiero all’azione nell’evolversi storico di una persona o di un gruppo. Dalla coerenza deriva l’autorità, il percorso di un autore – la sua traiettoria – che può diventare esemplare o perlomeno riconoscibile, nel bene e nel male. L’autentico antidoto contro il Potere, inteso come dominio, prepotenza, supponenza.

Questo prontuario è frutto di anni di esperienza in prima persona, di “ego al fronte”, con i suoi risultati ed errori, perciò di militanza attiva e studio, costruito mediante la frequentazione di decine e decine di autrici/autori e di amiche/i, la consultazione di centinaia di libri e la mobilitazione in molteplici azioni – pure digitali – coltivando importanti relazioni e numerose collaborazioni, per lavoro e per passione. Tutto ciò continuamente alimentato dalle mie librerie, “pubbliche” (vorrei scrivere comuni) e private, principio e fine della mia passione per l’esplorazione culturale, mai scissa dall’esplorazione geografica “reale”, composizione di ricerca che ha lo scopo di muoversi rispettosamente tra genti e luoghi in vista di una semplice, legittima e inalienabile libertà concreta, fatta di ascolto, attesa e possibilità di agire e di senso.

Concreta significa “non-strumentale” o fatta di surrogati artificiali creati ad hoc per sembrare liberi.

In questo esperimento non c’è nessuna pre-sunzione di sapienza, personale. Ma solo una seria e limitata riflessione, in progress, di un sapere collettivo. Un sentiero aperto al feedback del mio pensiero di fronte al mondo, alla storia che sto attraversando, pronto all’uso per questioni più spicciole che la quotidianità ci mette di fronte, a me stesso e alle persone che argomentano sul fondamento teorico delle nostre azioni e che da queste “cartucce” potrebbero partire per ulteriori e più articolati sviluppi. Le progressioni delle singole “piccole carte” sono infatti visibili nella tabella di marcia delle modifiche riportate in calce ad ogni post. Lo stesso titolo di questo esperimento di pensiero – NCPP #nonchiedetemiperchepenso/pensiamo – vuole essere un antidoto ironico a quella presunzione, un titolo che sottolinea la preoccupazione mia e dei miei amici/collaboratori più vicini nel vedermi/vederci a volte troppo immerso/immersi in pensieri da cui poi inevitabilmente seguiranno azioni, imprevedibili e a volte pericolose per lo stesso scrivente. La determinazione e la corrispondenza tra ciò che penso e faccio – questa è sì una considerazione personale – è a volte davvero preoccupante. Non solo per i miei cari.

D’altra parte chiedere all’umano perché pensa è un errore non solo di principio, ma anche di realtà. Non chiedeteci perché pensiamo dovrebbe essere perciò non solo un mantra fondamentale per ogni società civile, ma pure la porta d’accesso ad un nuovo approccio sul nostro rapporto con l’esistente.

Proprio per queste ragioni ritengo utile condividere come nota introduttiva “aggiunta” l’introduzione all’unico lavoro scritto su cui ho lavorato in modo organico in vista di una futura pubblicazione. A seguito infatti di una mia singolare intuizione sul concetto di realtà ho deciso di fermare una parte del mio pensiero con un piccolo studio su questo concetto e sulle sue conseguenze. Avere un’idea chiara, o perlomeno “coerente”, su ciò che chiamiamo realtà può rivoluzionare un intero sistema di pensiero e il come approcciarsi alle cose del mondo, alla vita di tutti i giorni. La mia ipotesi si inserisce all’interno del dibattito di questi anni tra le diverse interpretazioni formulate sul concetto da parte di insigni studiosi, come Umberto Eco e Maurizio Ferraris. Il mio approccio è inevitabilmente laterale, obliquo e “creativamente fuori” dalle Accademie, anche se transita spesso per esse e possiede alle spalle una preparazione rigorosa e controbilanciata da continui confronti e collaborazioni sul campo: “all’aria aperta” con le più belle intelligenze del panorama culturale italiano. Riporto qui il testo introduttivo e i primi passi dell’ipotesi di lavoro, certamente utili per capire meglio le premesse di NCPP.

Dare in pasto al pubblico, mettere in rete frammenti – appunto cartucce (piccole carte) teoriche, proiettili – di ciò che si pensa, in modo serio e senza riserve, non è cosa da poco. Ma è l’unico modo che ritengo utile per migliorare radicalmente il mondo in cui viviamo. E vivere con dignità quella piccola parte di libertà-felicità che ci è concessa.

ap
gennaio 2016

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L’ARTE ARMATA E LA RELIGIONE DISARMATA
Sequenze teoretiche e conseguenze pratico-politiche dopo la
Prima Formulazione del Realismo Costituito
[2014]

INTRODUZIONE

«È necessario far notare all’intellettuale che, come uomo, si trova in una posizione di estremismo e in fondo è malato. Sotto questo punto di vista l’azione ha un carattere del tutto terapeutico» – scriveva Joseph Beuys.

«Credo fortemente che la verità non armata e l’amore senza condizioni avranno l’ultima parola nella realtà» – affermava Martin Luther King.

Anche se molto distanti l’uno dall’altro, geograficamente e culturalmente, gli autori e i loro pensieri sono la migliore introduzione a questo lavoro. Di pensiero.

Disarmare la religione e armare di creatività impegnata la realtà sono i primi passi per vivere meglio. Questo io credo e per questo io agisco.

Seguono delle sequenze di studio – quasi un gioco di pensiero per menti abili – che mi hanno accompagnato per anni. Non sono né verità né un sistema chiuso senza la possibilità di altre migliorie. È come io vedo e mi comporto nel mondo. È il frutto di anni di studio e di esperienze. Le parole e le loro combinazioni sono quello che sono. Una faticosa, appassionata, umana ricerca teoretica che spero possa portare un po’ di aiuto per meglio orientarsi nella complessità in cui viviamo. Sono certo che anche singoli frammenti possono offrire spunti per iniziare percorsi di critica e di costruzione per il singolo lettore nelle diverse discipline. Qualsiasi sia la sua provenienza o la sua attitudine. Come dice la filosofa Luisa Muraro, bisogna vivere al bordo delle costruzioni, anche delle proprie. Perciò nessun insegnamento dottrinale, ma un’umile condivisione di un pensiero forte, perché coerente in me, pensiero che ha guidato la mia pratica e le mie operazioni artistiche e civili. Curioso resta il fatto che il “nostro” pensiero, di chi legge e di chi scrive, sia il frutto – la sublimazione, per usare un termine ricercato, ossia una specie di sedimentazione stratificata selettiva – degli innumerevoli pensieri, donne e uomini, più donne che uomini per il mio, che incontriamo nella nostra vita. In alcuni passaggi ho reso esplicito questi incontri, queste “corrispondenze”.

Il libro è composto da quattro sezioni indipendenti e comunicanti. La prima parte – la più ambiziosa teoreticamente, enigmatica e fondamentale nel punto 10 – si può saltare e leggere a posteriori nel caso si prenda atto di non avere forza di pensiero sufficiente per superarne i primi ostacoli. Leggendo le altre parti, in particolare meditando sulle sequenze della seconda parte, si acquisterà forza e anche la prima parte diventerà non dico agevole, ma percorribile, piano piano. Il pensiero richiede fatica e non si possono anticipare le conseguenze senza aver piantato solidamente le premesse. Si può ammirare, contemplare, meditare la bellezza di un edificio anche senza conoscerne le fondamenta, oppure giungere alle fondamenta dopo aver fatto pratica con altre strutture dell’edificio.

Per facilitare tuttavia il compito di chi ama la sfida del pensiero ho riportato una serie di protogrammi, il terreno dell’edificio, o meglio – per restare nella metafora – ho tracciato con alcuni “protopensieri” (pensieri origine o pensieri primi) i grandi solchi su cui ho iniziato a costruire le basi delle fondamenta. Per coloro che invece necessitano di un veloce sguardo ho riportato alla fine del lavoro alcune aperture-riflessioni di chiusura, le superfici più o meno “commensurabili”, riflettenti e commestibili di quei pensieri origine, quasi fossero delle insegne messe all’esterno per generare curiosità, fame di conoscenza, pronte per il veloce pensatore che in tutti noi abita. Esse sono perciò illuminanti formule o complicazioni intriganti a quei primi pensieri che – volendo – possono dare ossigeno o generare curiosità in caso di difficoltà, di spaesamento. Sono come finestre riflettenti, traspiranti aria, ornate di risultati, che invitano all’interno: solo qui, nel cuore dell’edificio, le persone più coraggiose potranno scoprire le conseguenze di quei primi sconcertanti protogrammi e di queste ultime insegne.

Particolare cura va poi riposta sulle scelte linguistiche. Il linguaggio è una nostra creazione dove spesso nascondiamo l’inconsistenza del nostro conoscere. Parole abusate dalla filosofia come essere, ente, cosa, e altre di difficile definizione sono state riportate qui alla loro funzione di termini necessari al ragionamento. Nulla più. Come mattoni utili a tenere in piedi un’ipotetica costruzione di pensiero. Forme scelte dall’autore e rese esplicite quando serve come chiavi di lettura basate sulla probabile facile condivisione di un significato comune a chi scrive e a chi legge. Premesse edificanti. Da tenere a memoria nel corso della lettura.

Gli edifici sono fatti per essere abitati o distrutti. Nel primo caso, hanno bisogno di continua manutenzione; nel secondo, di abili distruttori. L’abbandono è già una distruzione, ma non ha il fascino del disfare che genera nuova costruzione.

Sono certo che ogni genere di lettore si troverà di fronte a un’inattesa perturbazione. Di pensiero.

E che da questa avrà nuovi elementi per costruire il proprio personale percorso.

// continua su L’arte armata e la religione disarmata

20 aprile 2020
Presentazione di NCPP in occasione di CLASSE E NON PIÙ LOTTA DI CLASSE >> https://casacibernetica.cloud/2020/04/24/ncpp-ogni-protesta-cambia-il-mondo-lotta-di-sistema-non-piu-di-classe/

One thought on “Note introduttive

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