Il perdono è uno degli strumenti più efficaci del Potere e sulla cui somministrazione dobbiamo porre la massima allerta. È un donare (per) l’assoluzione nonostante il torto, la riconciliazione riconoscendolo.
Come strumento di controllo sociale, il perdono significa il donare sollievo di una terza parte perché la prima parte – soggetto della colpa – e chi l’ha subita, la seconda parte, non riescono ad affrontare le conseguenze di ciò che è stato causato: la cattiva coscienza, il soggetto; la vendetta o la pena da infliggere, colui che ha subito. Il perdono per conto terzi consegna il paradiso nonostante il male arrecato, evitando le pene più ardue, i conflitti paurosi.
Chi perdona, domina.
Sulla dinamica del perdono e della confessione dei peccati (a partire da quello originale) il cattolicesimo ha costruito per secoli il suo Potere per tenere in mano le persone e le coscienze. Dalla semplice autoassoluzione del classico rito cattolico, al commercio delle indulgenze, fino alle “Porte Sante”, è lecito commettere e controllare ogni tipo e grado di crimine, quindi di potere individuale, fino a redimere i più alti crimini contro l’umanità, come accadde in epoca del colonialismo religioso postcolombiano o durante il fascismo-nazismo, crimini acconsentiti da certa Chiesa poco cristiana e molto dedita al Potere. La civiltà delle relazioni ha fatto grandi passi indietro con il concetto di perdono senza riserve che qualche autorità sopra l’individuo o investita da poteri soprannaturali – a secondo delle dottrine – può o potrebbe concedere. Ad uso e consumo dei pre-potenti.
Ancora oggi stentiamo ad aprire gli occhi facendo spesso inutili teatrini di fronte ai servi del Potere o ai grandi manipolatori, perdonando di qua e di là.
Nessuno può perdonare, se non chi ha subito il torto, il delitto. L’unico perdono per gravi crimini è una condanna civile perenne. Una riparazione vita natural durante.
Alcune cose si possono perdonare, in modo assoluto, altre no.
Se uno continua a fare danni non lo puoi perdonare, bensì saldamente condannare.
La comprensione – un perdono vincolato, un donare la propria attenzione senza sottovalutare l’errore, il danno – non è prendere un’altra via (vita), redenta, dopo avere distrutto la via (vita) degli altri, ma è riparare con umiltà i danni per quello che si può, visto che certi delitti sono irreversibili.
Perdono come assoluzione e perdono come comprensione.
Il perdono assolutorio rimette in circolo la colpa. Rende ciclica la possibilità di sbagliare e quindi interrompe la comprensione dell’errore, del limite toccato. Antidoto al perdono assolutorio è la comprensione, il prendere con sé la propria o altrui limitatezza e archiviare il fatto di ogni nostra azione sbagliata. La comprensione è un donare la propria intelligenza. Il perdono visto come assoluzione alimenta invece il danno e non porta al superamento dell’errore. La comprensione ripara il danno e circoscrive l’errore, senza eliminare la condanna. Il con-danno. Il perdono, nella sua accezione più conosciuta, lo allevia.
Certi danni vanno riparati per sempre.
Alberto Peruffo | Montecchio Maggiore | VI
PRIMA PUBBLICAZIONE 9 GENNAIO 2015
modifiche // 10 gennaio 2015
16 novembre 2015
21 maggio 2017
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