La mafia è il potere di chi non si sporca le mani con il lavoro. Con la terra. In modo organico e strutturato, sociale. Proteggendo il dominato con uno stato di garanzia che supera e attacca lo Stato di diritto.
Per questo si baciano le mani di un mafioso. Non sono sporche e ci sono sempre terze persone che lavorano per interposta persona. Il lavoro tuttavia rimane sempre sul campo della mediazione illegale e a volte della produzione. Produzione, anche questa, per via indiretta, illegale, esterna ad uno stato di diritto, come per la mediazione.
Strumenti della mafia sono la violenza e la prepotenza con cui “aggrediscono moralmente” il sottoposto e annientano fisicamente il proprio avversario. Necessario infatti è il dominio fisico e morale dell’avversario o del sottomesso, fino alla soppressione violenta della persona se contraria alla strategia. Più un lavoro è mediato, lontano dalla concretezza del fare, più è soggetto alla mafia. Per questo banche, istituti di credito, politici e lo stato burocratico sono terreni fertili per l’agire mafioso.
L’agire mafioso si basa sulla possibilità del perdono e del dominio che questa possibilità permette. Non è un caso che la mafia proliferi nelle società ipercattoliche, dove il perdono è un pilastro della pratica sociale, e che l’Italia ne sia stata la culla e il primo massimo rappresentante. Quale Stato è più lontano dal fare, vive sulla mediazione tout court – anche trascendente – e al posto del pane produce il perdono e la promessa di una terra dove non ci sporcherà mai più le mani?
Alberto Peruffo | Montecchio Maggiore | VI
PRIMA PUBBLICAZIONE 5 FEBBRAIO 2015
modifiche // 12 giugno 2015
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