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IPOTESI E SCENARI FUTURIBILI

Lo Stato, nella sua forma di Res-pubblica, non ha più motivo di esistere, oggi, nel XXI secolo.

Diventa necessaria una sua trasformazione da res-pubblica a res-comune, dove il potere delle terze parti, il dominio sulle cose pubbliche e dei relativi uffici e sistemi di autoreferenza, sia ridotto ai minimi termini. Nella nuova forma di res-comune, fiducia e corresponsabilità tra le parti, i cittadini, sostituiranno il più possibile il contratto con terze parti, diminuendo lo spazio degli uffici e delle contrattazioni. Il “contratto sociale” dovrà sollevarsi a livello di legge orale, di “patto sociale”, di fiducia tra le persone, non a interventi scritti e siglati da parti terze. Queste agivano in epoche storiche in cui il disequilibrio tra le forze e i poteri era enorme, con soprusi e vessazioni di ogni genere e grado da parte del più forte sul più debole.

Raggiunta una soglia di sufficiente eguaglianza grazie all’intervento del diritto pubblico, garantito da leggi e dal relativo apparato di garanzia, bisognerà piano piano demolirne le premesse fino a ridurlo ai minimi termini. Questo apparato di terze parti è diventato il nuovo padrone delle relazioni tra le parti nel declino e nella deriva della Res-pubblica: un nuovo padrone sfruttatore delle libertà e delle energie dei cittadini. La casta della Res-pubblica deve essere messa al bando. Il potere delle Nazioni “pubbliche”, di tutto ciò che è “pubblicamente” grande, parcellizzato.

Il potere di tutto ciò che è grande, il potere delle Nazioni come Terze Parti rispetto ai cittadini, è sempre più alleato con le plutocrazie transnazionali e la finanziarizzazione dell’economia, la perdita di controllo dei cittadini sull’economie di casa propria, le economie locali, per il trionfo della delega incondizionata alla terza parte: la finanza ha ucciso l’oikos, la relazione tra vicini di casa.

Come accentratore di potere e contropotere nato per contrastare i grandi poteri accentratori della tradizione, Chiesa e Nobiltà, aristocrazie e oligarghie plutocratiche, lo Stato Repubblicano ha fatto il suo percorso. Il suo migliore frutto è lo Stato di Diritto. Il peggiore, la guerra tra grandi centri di potere alimentati dalla scienza e dalla tecnologia: la guerra tra Nazioni che si appropriano di enormi risorse pubbliche, guidata ai nostri giorni (XXI sec.) da poteri trans-nazionali, cresciuti a dismisura grazie agli effetti della nazionalizzazione e della globalizzazione.

Troppo potere nelle mani di qualcuno genera mostri di potenza incontrollabili. La costruzione di arsenali di armamenti non sarebbe mai possibile se risorse immense  – il lavoro di una grande moltitudine di cittadini – non venisse incanalato in un grande contenitore di energie quale è stato ed è ancora lo Stato moderno Repubblicano. La soluzione non è nella divisione dei poteri, fondamento di molte costituzioni nazionali, ma nella parcellizzazione del “potere diviso” e nel ridimensionamento di ciò che è considerato pubblico, la terza parte delle energie e delle proprietà.

Premessa di questa parcellizzazione è che siamo disarmate per sempre – morte le Monarchie e le utopie socialiste – gli ultimi baluardi inespugnabili della pre-potenza, i grandi accentratori del potere e delle menti delle genti, di ogni luogo ed estrazione sociale: le confessioni e le dottrine metafisiche (assolutiste) legate all’esigenze religiose e sociali dell’essere umano, usate per meri scopi plutocratici: creare ricchezze per pochi individui senza scrupoli e assolutamente irreligiosi. Bisogna convincere le persone che tutte le confessioni, come il Cristianesimo e l’Islam, che tutte le ideologie sociali, sono edifici culturali costruiti dall’essere umano e se anche un Dio esistesse, o una Società ideale, queste costruzioni non sono opera della divinità o di un’Idea prescritta e immutabile, ma interpretazioni della cultura umana in contesti storici non fondamentali e definitivi per una salutare relazione tra le civiltà, tra le varie e diverse interpretazioni.

Ogni individuo deve interpretare da sé la propria relazione con l’altro da sé, sia esso Dio, sia esso un’altra civiltà o idea di società, e non ci sarà più bisogno dello Stato laico che contrasti il terribile potere delle Confessioni o delle Ideologie di conferire legittimità a un potente o ad un altro, a un Monarca, ad un Dittatore, ad una Aristocrazia, ad una Oligarchia, ad una Ideologia, ad una casta di burocrati. La casta nasce quando lo Stato stesso – la Res-Pubblica – diventa un Ufficio di Contropotere che succhia energia e lavoro alla comunità di cittadini, energia e lavoro superiori agli sforzi prodotti dagli stessi cittadini per difendersi dal Potere (mantenere gli uffici e i loro servizi) e vivere liberamente.

Potere temporale e potere spirituale – le aristocrazie classiche – sono falsi nemici e sono uno alleato dell’altro. Uno legittima il potere dell’altro tenendosi falsamente separati. Il burocrate laico legittima gli uffici della confessione, gli uffici della confessione legittimano il burocrate laico. La loro grande forza è l’accentramento delle esigenze e delle risorse mediante le autoreferenze degli uffici, apparati inattaccabili da un singolo cittadino e da gruppi di persone, costruiti con referenze bene amalgamate (obnubilate) e in continua evoluzione presso le vecchie forme di controllo ancora in opera: dai partiti alle chiese, veri e propri uffici burocratici diretti dalle dirigenze: le nuove aristocrazie. Unico rimedio è parcellizzare il potere e fare in modo che nessuna grande risorsa sia immagazzinata nelle mani di chi governa e dei loro proseliti res-pubblicani: i Partiti nelle Repubbliche laiche, le Chiese nelle Repubbliche religiose. La loro funzione di equilibratori è finita nel momento in cui sono diventati loro stessi centri di potere gestiti dall’alto e falsamente in ascolto del basso. Le oligarchie e le corruzioni che si producono all’interno di questi complessi organismi mediatori sono lesive di qualsiasi civiltà.

La parcellizzazione del potere avviene attraverso la fine del dominio della casta burocratica sul bene pubblico che perde la sua origine di cosa pubblica, gestita da terze parti, i burocrati, per ritornare cosa comune, gestita e condivisa solo da due parti, cittadino con cittadino, senza bisogno di un mediatore che può diventare, nel peggiore dei casi, un legislatore-vessatore che mira a costruire una gerarchia a struttura immunocentrica. Meno avvocati e giudici ha una società, più sana essa è.

Il ripristino della cosa comune avviene mediante il ridimensionamento dello stato di diritto, scritto, di tutto ciò che è contratto grazie a terze parti, rivalutando il valore della legalità orale, la parola data per fiducia, il patto sociale, e l’abbattimento della fiscalità obbligatoria per le cose comuni (l’impegno coatto al sociale) attraverso le forme del contributo volontario e del dono, mantenendo una fiscalità minima controllata dalle autonomie locali per i servizi di pubblica necessità e di grande complessità.

La morte della Res-pubblica (l’attuale forma dello Stato Nazionale Burocratico) significa la nascita della Res-Comune, una nuova forma di convivenza civile non più fondata su rapporti di pre-Potenza, ma una condivisione di spazi e opportunità comuni, con proprietà sufficienti e proporzionali all’impegno e al merito dei partecipanti alle relazioni civili. Lo spazio pubblico (la terza parte) dovrà cedere di fronte allo spazio comune (lo spazio condiviso e curato dalle parti di cittadini attivi).

La Res-Comune passa attraverso la riconfigurazione dello Stato pubblico centralizzato a favore delle autonomie locali, che manterranno il rapporto di pubblico ufficio ridotto ai minimi termini per dare forza e correlazione tra le autonomie e gestire i servizi pubblici necessari. Le risorse pubbliche (il gettito fiscale necessario e i patrimoni non-comunizzabili) non saranno più in mano allo Stato Centrale che cede una parte ai parlamenti locali, ma il contrario, dove i parlamenti locali si baseranno su forme di autogoverno gestite direttamente dalla collettività dei cittadini. La morte della Res-pubblica significa perciò la morte dei Partiti nazionali – le grandi Parti distaccate dai territori – e della Burocrazia centralizzata, alleati e complementari gli uni dell’altra. Un Comune di 25.000 abitanti, di cui 10.000 produttori di reddito con la possibilità di versare 300 euro al mese di media alle casse del Comune, produce 3.000.000 di euro da gestire in loco, con una percentuale (10/20%) da investire nelle relazioni transcomunali.

Lo Stato Nazionale Repubblicano sarà sostituito da un Arcipelago di Comuni che potranno mantenere una medesima cultura nazionale-linguistica e un coordinamento fondato sulla reciproca collaborazione, rispettando accordi e direttive di organismi super-partes. Una Confederazione Res-Comunale Nazionale (o altro*) che rispetta le Carte comuni dei Diritti che i cittadini del mondo nel corso della storia si sono dati. Una galassia di piccoli Comuni civili con tradizioni geolocalizzate e “identità in movimento”, non più Stati Nazionali (o Regionali) Repubblicani, identitari e prepotenti, con arsenali pubblici di armamenti, immorali per qualsiasi concetto di civiltà.

* Il Mediterraneo è una “confluenza di culture e di genti”: potrebbe dare avvio a un percorso che porti a una Confederazione Res-Comunale delle Genti del Mediterraneo contro l’idea delle ciniche comunità meramente economiche come l’Europa di questo inizio di secolo.

In sintesi, le idee di giustizia, libertà e uguaglianza possono e devono girare ed essere discusse e messe in pratica anche senza grandi organismi di terze parti, i Grandi Partiti e le Repubbliche, con i conseguenti super parlamenti e apparati repubblicani. Nel corso particolare della storia di una comunità di diritto e dovere possono e devono nascere forme di transizione da un assetto ad un altro. Quello auspicabile per lo Stato Nazionale Res-pubblicano è di trasformarsi in Confederazione Nazionale Res-comunale. In una Res-comune. In continuo e costruttivo contatto con altre Res-comuni.

La “sovranità” non appartiene più al popolo, considerato come massa beota manipolato con la delega del voto dalle oligarchie politiche, ma ai corpi attivi di una popolazione di un dato territorio. I corpi passivi non sono sovrani, ma servi di ciò che spesso viene scambiato per Stato e che per questo bisogno cominciare a chiamare con altro nome.

Per portare a queste idee bisogna guardare oltre le classiche concezioni che identificano in modo brutale le costituzioni di certe nazioni. L’Italia stessa dovrebbe cambiare il suo primo articolo: «L’Italia è una res-comune fondata sul rispetto della persona, di ogni genere e razza. Le cose pubbliche e il lavoro sono funzionali – di secondo grado rispetto a – alla res-comune e alle persone». Il lavoro e le sue manipolazioni pubbliche hanno ucciso troppe persone.

Non è lo Stato che dobbiamo cambiare in primis, ma le persone. Prima delle riforme strutturali, servono le riforme sostanziali, dentro di noi, anche concettuali, per dare spazio a nuovi scenari di vita, immaginari. Solo così si arriverà a debellare l’usurato stato sistemico res-pubblicano nazionale, che non è altro che lo stato che ha reso comune attraverso l’uso indiscriminato del “pubblico” lo stile di vita una volta definito capitalistico e che oggi sarebbe più corretto chiamare della “superfluità biocida”, a causa dei crimini ambientali e delle conseguenze che sul clima e la vita del pianeta questi comportano. In poche parole, il lavoro è rimasto merce, non si è evoluto, è rimasto chiuso dentro a se stesso, e questo ha portato alla morte dello stato repubblicano fondato sul lavoro.

alberto_peruffo_CC
Alberto Peruffo | Montecchio Maggiore | VI
PRIMA PUBBLICAZIONE 26 novembre 2015

modifiche // 30 dicembre 2015
21 gennaio 2016
18 dicembre 2017
18 ottobre 2019
24 dicembre 2019

7 thoughts on “LA MORTE DELLA RES-PUBBLICA

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